Qual è quell’attitudine comunicativa che ci permette di esprimere chiaramente le nostre opinioni, dando vita a relazioni basate sulla fiducia e sul rispetto reciproco?
- Inizia con la “A”
- Fa rima con lealtà
- Si vocifera sia contagiosa, quasi quanto i virus con il beneficio della corona sulla testa
La risposta corretta è… l’assertività!
Lo stile assertivo presuppone, infatti, la capacità di esplicitare e di difendere i nostri punti di vista senza denigrare quelli altrui, ma accogliendoli in un clima di serenità, calma e pacatezza.
Ma come in ogni fiaba che si rispetti, l’antagonista è sempre acquattato dietro l’angolo, pronto a uscire allo scoperto nei luoghi e nei momenti più inaspettati!
Qui, di nemici, ce ne sono addirittura 2:
1) Lo stile aggressivo che tende a imporre i suoi diritti e a violare quelli altrui, suscitando sentimenti di offesa, umiliazione ed imbarazzo.
2) Lo stile passivo che, al contrario del suo “gemello diverso”, tende a reprimere le sue ragioni e le sue emozioni, subendo tacitamente prevaricazioni e richieste irragionevoli.
La domanda sorge spontanea. Come comunicare assertivamente, evitando di cadere nella rete di questi due estremi relazionali?
Secondo Vittoria Cesari-Lusso – docente universitaria, psicologa ed esperta di dinamiche comunicative – può essere utile:
1) Dare il via alle nostre conversazioni con “espressioni precauzionali”, del tipo: “Dal mio punto di vista penso che…”, “A partire dal mio ruolo e dalle mie responsabilità, sono dell’idea che…”, “Se guardo le cose alla luce delle informazioni attualmente in mio possesso…”, “Se ho capito bene…”. Queste semplici frasi ci offrono l’opportunità di trasmettere un messaggio implicito molto sottile, ma altrettanto potente, ovvero: “Sono cosciente che la percezione della realtà è sempre incompleta e soggettiva”. Un asso nella manica per predisporre l’interlocutore a una maggiore apertura;
2) Aiutare gli altri a esprimere i loro punti di vista, evitando di inciampare nel tranello di farlo al loro posto: le interpretazioni personali delle intenzioni e dei sentimenti altrui sono delle trappole micidiali per la comunicazione. La domanda chiave che dovremmo porci (ed eventualmente porre al prossimo) prima di perderci in un ginepraio di elucubrazioni dal tragico epilogo, è la seguente: “Ho notato questo e/o quel comportamento…, come devo interpretarlo?”. Un altro consiglio chiave? Dovremmo allenarci ad attendere in silenzio la risposta, tenendo a bada l’istinto di riempire tutti gli spazi vuoti e lasciando all’altro il tempo di organizzare il suo pensiero;
3) Nel caso di discussioni marcate da emozioni fortemente negative, quali nervosismo, irritazione, sfiducia, rabbia repressa, acidità dilagante (…), il suggerimento è quello di concederci un salutare stop e di tornare sul tema, quando i “bollenti spiriti” si saranno calmati. Alias: “Sento che, nonostante le migliori intenzioni da parte di entrambi, al momento non ci capiamo. Che ne diresti, se riprendessimo il discorso domattina?”. Le emozioni negative sono dei veri e propri sabotatori delle relazioni umane, poiché ci spingono a iper-reagire nei confronti dell’interlocutore (che, nella migliore delle ipotesi, si limiterà a visualizzare il nostro messaggio al vetriolo senza risponderci, altrimenti lo farà, ma coprendoci di insulti!). Gli scettici (i fan del: “So che non è la cosa giusta da fare, ma dopo uno sfogo spontaneo, ci si sente sempre meglio!”), resteranno sorpresi nel constatare che le osservazioni cliniche mettono in evidenza l’esatto opposto: nella maggior parte dei casi, il soggetto che si abbandona alla collera, a posteriori, finisce col percepire il proprio comportamento come inopportuno e a sperimentare un forte senso di vergona e di inadeguatezza.
Tre buoni propositi da applicare nella nostra quotidianità privata e professionale per toglierci dall’impiccio di sentirci costantemente intrappolati tra l’incudine e il martello e – last, but not least – per comunicare con lo stile giusto: quello assertivo!
Comments