Gestione dei conflitti
Talvolta la frenesia che caratterizza la quotidianità ci spinge ad etichettare i nostri simili in svariate categorie: i “buoni” e i “cattivi”, gli “intelligenti” e gli “stupidi”, i “belli” e i “brutti”, gli “ingegnosi” e gli “sprovveduti”. Il motivo per cui ci serviamo di queste catalogazioni è evidente: la storia, da sempre, ci insegna che l’essere umano ha bisogno di certezze per giudicare se stesso e gli altri, nonché per fare delle previsioni sul suo comportamento e su quello altrui. Purtroppo, a volte perdiamo di vista che queste “idee preconfezionate” costituiscono delle matrici deformanti.
Relazionali, culturali, religiosi, economici, di interesse… Tutti i conflitti sono riconducibili a un comun denominatore: l’incapacità dell’uomo di comunicare. Com’è noto, le persone faticano a transigere sulle loro visioni e sulle loro percezioni del mondo. Queste difficoltà possono spingerci ad adottare degli atteggiamenti aggressivi, oppure di chiusura verso il mondo esterno. Per evitare che ciò accada, è essenziale entrare in possesso di precise attitudini comunicative che, una volta acquisite, andranno salvaguardate, custodite e coltivate nel tempo.
Nelle relazioni umane quello che a prima vista appare logico, certe volte non funziona. Quando succede, meglio prenderne atto e smetterla di fare sempre più della stessa cosa
Paul Watzlawick